Cartata di resche - UIFPW08

lunedì 27 aprile 2009

Ph. Tre cose so fare bene...


...sognarti.... amarti..... desiderarti...

6 commenti:

Biancamaria ha detto...

mi hai detto niente!!;-))

UIFPW08 ha detto...

Aglaia, vado dove mi porta il cuore....

`·. ̧ ̧.· ́ ́ ̄`··.Giusy·`·. ̧ ̧.· ́ ́ ̄`· ha detto...

Bravissimo!serena serata Murizio.

JANAS ha detto...

molto bella questa foto! :)

Asha Sysley ha detto...

Ricordo le sere d'estate, dove andavo in giro solamente con la maglietta di mio nonno addosso.
Ero sola nell'aia e mi divertivo a passare in osservata da un capannone ad un granaio.
Scesi le scale dell'umida cantina per arrivare ad accendere la lampada ad olio che era appoggiata al tavolo.
Mi piaceva moltissimo l'odore del petrolio che si mischiava a quello del vino appena imbottigliato.
E c'erano delle bottiglie di vino, del vino migliore, che erano sigillate con della cera lacca sul tappo. Erano le annate migliori di mio nonno. Ne aveva conservate alcune bottiglie in caso dovessero servire.
Le botti erano girate ad asciugare e alcune erano ancora piene e se appoggiavi l'orecchio, le sentivi ribbolire per via del mosto che era stato aggiunto all'uva.
Molti bicchieri erano sul tavolo, uno per ogni sera che mio nonno scendeva a sentire se il vino era pronto. Poi si scordava sempre di riportarli a casa e puntualmente, all'ora di cena dopo svariate sere, mia nonna tornava in cantina a riprenderli, accorgendosi che non ce ne erano più nel lavabo.
Mi era proibito andare là, ma non perchè fosse pericoloso, ma probabilmente perchè era la "stanza" di mio nonno, dove lui si rifugiava, era come se fosse un mausoleo.
Ogni tanto per festeggiare, apriva una delle bottiglie sigillate e anche io potevo assaggiarne. Era buonissimo, fruttato, rosso frizzante. Un'altra bottiglia della stessa annata poteva essere più ferma, un pochino più acidula. Dipendeva dalla botte e dal mosto riversato.
Penso che mio nonno fosse il detentore di una magia.
Quando lui venne a mancare pulimmo la cantina e portammo una bottiglia del vino sigillato a tavola.
Lo stappammo. Era completamente aceto. Così per tutte le bottiglie che erano rimaste sigillate.
Io sorridevo, sapevo che solo mio nonno avrebbe potuto far uscire da quelle bottigle del buon vino. E nessun altro.
Le bottiglie sono ancora la, dopo tanti anni. Nessuno si è preso più cura di loro considerandole irrimediabilmente aceto.
L'altro giorno sono scesa, ho acceso la mia lampada a petrolio e mi sono messa a guardarle, a spolverarle. Ne ho scelta una e l'ho portata a casa.
Di sera, ero sola davanti al camino. Ho preso un bel calice e serenamente ho iniziato a togliere la cera lacca dalla bottiglia.
Ho versato il vino e sono rimasta ad occhi chiusi.
L'odore era quello che ricordavo.
Meraviglioso sapore di ciò che oramai si era tramutato in liquore.
Alla mente mi tornarono mille sensazioni, mille parole, mille ricordi.
E forse è proprio quella la magia.
Ogni bottiglia era un suo ricordo, un suo amore.
E solo così, con questo rito, la magia ha ancora effetto e ciò che in mano di altri si trasforma in aceto, per chi ama non può essere che vino d'annata.

Fabiana ha detto...

gosto muito, Morris!
bacione.