Ti
ho sempre amata nonostante il tuo silenzio, e sicuramente ti avrei
amata ogni giorno di più se solo fossi stata con me. Non credo ad alcun
nume, non indosso la fede, ma nonostante tutto tu eri continuamente
percettibile nella tua assenza, forse eri proprio tu l’unica natura
divina cui credevo.
Non saprei nemmeno a cosa o a chi gridare il mio
rancore e la mia costernazione per il nostro mancato raggiungimento.
Forse ho sbagliato io oppure hai sbagliato tu, ma che senso ha
colpevolizzarci? Tu non ci sei, forse sei già esistita o forse dovrai
ancora nascere o cosa peggiore non nascerai mai. Probabilmente è solo
colpa del tempo, esso ci ha diviso quantunque i nostri pensieri e le
nostre speranze continuassero implacabilmente a intrecciarsi in uno
spazio a noi sconosciuto.
Sono certo che in questo istante, se solo ci
fossimo visti almeno una volta nella vita, ti guarderei con questi occhi
stanchi e spenti, ma indubbiamente colmi d’amore e ancor più innamorati
del nostro primo sguardo.
Se solo mi fossi imbattuto contro il nostro
destino, anche solo di sfuggita o per errore, anche in modo lesto e
fragoroso quanto un colpo di fulmine, ora ci sarebbe un “noi” nelle mie
ultime parole anziché un “tu” immaginario separato da un “io” solitario.
Se ti avessi trovata mi porrei delle domande, mi
chiederei se nel trascorrere degli anni fossi stato un bravo compagno,
se ti avessi reso felice, se fossi riuscito a trasmettere il mio amore
per te, rispettandoti, proteggendoti, interessandomi a te, sempre.
Nonostante
il vuoto abbia pervaso gran parte della mia esistenza, il mio ultimo
pensiero adesso è ugualmente indirizzato a te, ma avrei voluto
rivolgerti l’ultimo sguardo per dar fine a una vita che solo tu potevi
renderla valevole e pienamente vissuta.
Ti ho sempre aspettato. Non ti
ho avuta, ma ti ho amata, perché sino a oggi c’ero.L’unico
modo per colmare i vuoti e avvicinarmi a te era vagare con la fantasia,
a letto m’immaginavo di averti al mio fianco e di poter ammirare ogni
mattina il sorgere del sole semplicemente scrutando il tuo volto; così
nella mia mente vedevo irrompere dalle tapparelle un sottilissimo
pulviscolo, il quale rischiarava i tratti bronzei del tuo viso,
percorreva le tumide curve dei tuoi seni e albeggiava lungo le linee
avvallate del tuo dorso; io ero lì, ammaliato da tanta bellezza,
desideroso di accarezzare i morbidi cappelli che scendevano sulla tua
spalla fusiforme e di poterti stringere a me.
Tuttavia non osavo
interrompere il tuo torpore, preferivo piuttosto assottigliare i miei
desideri per rispettare i tuoi spazi. Ammetto però, che nel buio della
stanza, allungavo la mano per sfiorarti appena, nel modo più lieve
possibile, non osavo toccarti, volevo solamente percepire tra i miei
polpastrelli quella vaghezza che solo tu riuscivi a riversare. Tutt’al
più avrei accarezzato il pesante vuoto. Non eri materia, eppure eri
costantemente presente nelle mie giornate...
UNDICIDUE
2 commenti:
Caro Maurizio, ti lascio in versi e ti ritrovo in prosa. E che prosa! Un ricordo lunghissimo di un amore atteso e mai giunto. Chi non ha aspettato tutta la vita? Eppure, se solo ci fosse stato dato in dono il potere di riconoscerci...
Un abbraccio lieve e grande.
Entro in punta di piedi...non credo di aver ben capito la situazione ma, wow, quanto amore...
Ti abbraccio..
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