Numero 2 Anno 1 - Lotta Continua
[...] Quello che diventa chiaro è che le organizzazioni tradizionali hanno potuto tradire gli interessi della classe solo perchè sono riuscite a spegnere l'iniziativa diretta delle masse [...].
Allora la nuova organizzazione deve garantire in primo luogo questo: che non si riproduca un meccanismo di potere fondato sull'inerzia e sulla passività, ma si solleciti nel massimo di disciplina collettiva e di solidarietà il massimo di emancipazione reale degli sfruttati [...].
Ma non tutti gli sfruttati hanno lo stesso grado di coscienza [...].
Una minoranza, che è più attiva e combattiva nella lotta di massa, che sa meglio esprimere le esigenze e indirizzarne la forza, è già disposta a esercitare il suo impegno anche al di fuori della situazione particolare di lotta nella quale si è formata [...].
Questa minoranza, che costituisce l'avanguardia interna alle lotte nello scontro di classe complessivo ha bisogno di collegarsi con tutte le altre avanguardie, di organizzarsi [...].
Non esiste una "teoria della rivoluzione" proletaria definita una volta per sempre. Nessuna strategia rivoluzionaria può essere "inventata", può fare a meno dell'esperienza pratica e tecnica della storia passata e presente del movimento rivoluzionario [...].
La risposta alla questione dell'organizzazione consiste sempre nel rapporto tra la crescita della lotta di classe complessiva e la sua direzione politica. Non esiste una linea politica "giusta", indipendentemente dalla forza del movimento di massa [...].
Se questo è vero, se l'organizzazione non è una tappa, ma un processo essa stessa, allora non esiste mai un momento determinato in cui l'organizzazione è acquisita, in cui l'avanguardia organizzata si cristallizza, si distacca dal movimento delle masse, rischiando di anteporre una sua logica interna - e inevitabilmente burocratica - a quella della lotta proletaria. Se il partito significa questa cristallizzazione, siamo contro il partito [...].
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